Un luogo diverso, dove lasciarsi andare a riflessioni profonde, stimolati da un silenzio asciutto e pacato, ritmato dagli innumerevoli spazi vuoti dati dall’incedere infinito di archi, chiostri e logge. Il Cimitero monumentale della Certosa di Bologna è, infatti, il luogo dove i bolognesi hanno raccontato il loro rapporto con la morte, con l’assenza ed il dolore, un lungo romanzo scritto con un numero quasi infinito di statue e monumenti, al posto delle parole.
Il cimitero della Certosa si deve visitare in silenzio, senza pianificare un percorso preciso, ma seguendo l’istinto e lasciando che l’attrazione per gli innumerevoli scorci che si aprono ad ogni accesso dei chiostri, scelga per noi la strada da intraprendere. Così, senza meta, ci si abbandona al costante sorprendersi di luoghi sempre diversi, con sepolture che non si ripetono mai, in cui la luce forma giochi d’ombre mai banali, nei riflessi bianchi del lucido marmo dei monumenti.
Il cuore del cimitero della Certosa
Nel nucleo originario, quello prossimo all’antica certosa trecentesca che da il nome all’intero cimitero monumentale di Bologna, lapidi e busti si ergono flebili nella tremule luce data da scarse feritoie. Nei chiostri, invece, usati come cimitero solo dal 1801, affreschi neoclassici ricordano la morti nelle fogge più varie: sepolcri classici, are egiziane, fantasiosi dipinti romaneggianti, con personaggi in pose eteree e orgogliose, mai sentimentali.
Quanto diversi, invece, i sepolcri più tardi, colme di quell’esplosivo sentimentalismo romantico che travolse l’Europa nell’Ottocento. Angeli piangenti, vedove inconsolabili, madri velate e padri affranti, accompagnano in pose struggenti le tombe dei propri cari, come dolenti ed eterni custodi marmorei del ricordo e memoria degli scomparsi. Proprio queste sepolture formano il fascino del Cimitero della Certosa bolognese, compendio della scultura italiana nell’Ottocento. La purezza di Lorenzo Bartalini, il dramma di Giovanni Duprè, la fierezza di Vincenzo Vela, un insieme unico di monumenti scolpiti dai principali artisti, un museo formatosi in maniera naturale, in modo involontario, dato dal solo desierio di celebrare nella maniera più degna possibile i propri cari scomparsi.
Un luogo sempre diverso
Ecco, quindi, che le sepolture seguono l’evolversi del gusto artistico. Vi sono quelle neomedievali, con mosaici, forme, sculture che rimandano all’utopico desiderio di tornare ad un mondo ideale; quindi quelle liberty, con le sue forme sinuose ispirate alla natura, oppure le cappelle di gusto razionalista, con le loro forme semplici, lineare e pure, senza considerare le molte costruite nel secondo dopoguerra, a formare una lunga passeggiata tra piccole cappelle di famiglia, all’esterno del grande apparato dei chiostri.
Un luogo unico, da visitare con calma, a cui dedicare ben più di una visita frettolosa per poter dire “ci sono stato”, a cui approcciarsi con enorme rispetto, con la consapevolezza che ancora oggi è un posto di sepoltura, dove ogni giorno i bolognesi danno l’ultimo saluto ai propri cari nell’antica Certosa. Un luogo dove riscoprirsi e lasciarsi affascinare, affinché la vita assume un significato diverso, più intimo, più vivido.
Un vero luogo off, da ogni rotta, da ogni frenesia.
Cimitero Monumentale della Certosa
via della Certosa 18
dal 1 Marzo al 2 Novembre: h. 8-18
dal 3 Novembre al 28 Febbraio: h. 8-17
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