Le zone umide tra Ravenna e il delta del Po furono lo scenario in cui si consumarono le ore precedenti la morte di Anita Garibaldi. Siamo nell’agosto del 1849, anno drammatico per il Risorgimento italiano. La speranza di riunificare il paese era ormai tramontata, dopo il fallimento dei moti del 1848 e la sconfitta piemontese nella Prima Guerra d’Indipendenza. Garibaldi, tornato in Italia proprio per partecipare alla rivolta di Roma, fu costretto a fuggire lungo tutto lo Stato della Chiesa. Le prime due settimane di agosto furono le più drammatiche per Garibaldi, molti suoi compagni arrestati, e gli austriaci che lo braccavano senza sosta per tutto il ravennate. Quattordici giorni durissimi, noti col nome di Trafila garibaldina, in cui trovò la morte proprio la sua amata consorte Anita, il 4 agosto 1849.
Chi era Anita Garibaldi?
Anna Maria Ribeiro da Silva nacque Morinhos, in Brasile, nel 1821. Le cronache la ricordano come una ragazza ribelle e molto indipendente, abile cavallerizza, capace di dare scandalo coi suoi costumi liberi tra i suoi cittadini. A 14 anni sua madre la costrinse a sposarsi, forse proprio per limitare la sua emancipazione; tuttavia ciò non riuscì a condizionarla. Nel 1839, all’età di 18 anni, ci fu l’incontro con Giuseppe Garibaldi, a Laguna, e tra loro fu amore al primo sguardo. Fuggirono insieme, e Anita partecipò a molte delle battaglie rivoluzionarie che coinvolsero Garibaldi. Addirittura, in quella che è considerato il capolavoro tattico di Garibaldi in sud America, la Battaglia di Sant’Antonio combattuta in Uruguay, Anita aveva il compito di proteggere l’arsenale. Nel 1849 accorsero in aiuto di Roma, in rivolta contro il papato, ed insieme al marito combatté in prima fila alla porta di San Pancrazio.
La morte di Anita Garibaldi
Il 4 luglio 1849 la Seconda Repubblica Romana cadde sotto i colpi degli austriaci, accorsi in aiuto del Papa. Subito iniziò la caccia a Garibaldi, scappato intanto da Roma, il quale riuscì a raggiungere San Marino dopo un mese di peripezie, in compagnia di una sempre più stremata e febbricitante Anita. Siamo in data 1 Agosto. Il giorno dopo, 2 agosto, Garibaldi e i suoi si imbarcano a Cesenatico con l’obiettivo di raggiungere Venezia. Obiettivo mai raggiunto, in quanto gli austriaci li intercettano nei pressi di Goro, costringendoli a sbarcare nei pressi delle Valli di Comacchio. Anita era ormai agonizzante. Corrosa dalla febbre, stremata dalla fatica e dalla gravidanza, in breve tempo le sue condizioni peggiorarono al punto da non permetterle più di proseguire. Fu portata a Mandriole, piccolo paese a nord di Ravenna, alla fattoria Guicciole, dove morì poco dopo.
I luoghi della morte di Anita
Molti dei luoghi della morte di Anita si ritrovano ancora oggi, sebbene molto diversi dai tempi di Garibaldi. Ricordiamoci, infatti, che all’epoca, non erano ancora partite le grandi bonifiche del ferrarese, per cui l’ambiente doveva essere molto paludoso, insalubre, con lunghe distese di acqua salmastra percorribili solo con piccole imbarcazioni. Oggi, invece, ci troviamo in un’aperta campagna solcata da innumerevoli canali, mentre le Valli sono limitate a nord. La fattoria Guiccioli esiste ancora, ed in pratica è un monumento storico dedicato ad Anita. Qui infatti si trova ancora il letto dove lei spirò, così come molti degli ambienti dell’epoca, oltre ad un piccolo museo dedicato ai garibaldini. A circa ottocento metri, in campagna, una stele ricorda il luogo dove fu sepolta in fretta e furia, la notte del 4 agosto.
Mandriole, come detto, si trova però a brevissima distanza dalle Valli di Comacchio. Il paese, infatti, sorge a poche decine di metri dalla riva destra del Reno, il fiume che costeggia a sud le Valli, senza però mai immettervisi. Una passeggiata tra il Reno e le Valli è forse il modo migliore per capire come doveva essere il paesaggio ai tempi di Anita. Il modo migliore per accedervi è da Sant’Alberto, un piccolo centro abitato a 6 km da Mandriole. Qui infatti si trova il traghetto a filo che consente di attraversare il Reno, proprio come i barcaioli di due secoli fa. A piedi o in bici lungo lo stretto sentiero che separa le Valli dal Reno, ci si immerge piano nella laguna. Infiniti specchi d’acqua salmastra, sprazzi di terra brulla, aironi, fenicotteri, e la sensazione che solo una silenziosa barca a remi possa esplorare questi luoghi.
Verso il Capanno Garibaldi
Per concludere il percorso, si può scendere verso Marina Romea, dove si trova il Capanno Garibaldi, ovvero il capanno di caccia dove Garibaldi trovò rifugio il 6 agosto. Per Garibaldi fu la prima vera sosta in quei giorni convulsi, il primo momento in cui lasciare andare al dolore per la morte di Anita Garibaldi. La casina si trova isolata in uno sperone di terra tra le acque torbide della Piallassa della Baiona. Ci troviamo ancora in laguna, tra canneti e bilancioni, e si può sentire l’odore salmastro delle acque paludose. Quella che vediamo oggi è una ricostruzione, perché la casina originale fu distrutta da un incendio nel 1911; tuttavia, il suo valore storico non è mai venuto meno, e ancora oggi la Società Conservatrice si occupa di mantenere viva la memoria di quei giorni.