Tra San Lazzaro e Ozzano si spalancano gli incredibili paesaggi dei calanchi bolognesi, dove la fusione tra rocce e piante crea paesaggi lunari inaspettati. La zona, d’altronde, è dominata dal gesso, che si trova ovunque nelle colline fuori Bologna, e che ha permesso la formazione di complessi carsici sorprendenti. Balze, doline, grotte e calanchi sono gli elementi che caratterizzano la zona, uniti però alla dolcezza tipica delle colline, creando così un insieme di grande suggestione. È a San Lazzaro che si trova la Grotta della Spipola, la cui divertente visita abbiamo raccontato l’anno scorso, o quella del Farneto, dove sono stati rinvenuti moltissimi scheletri completi di animali preistorici, oggi esposti al museo cittadino. Non a caso, l’intera area è protetta (Parco regionale dei gessi bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa), e, nel 2019, candidata a diventare Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
L’inizio del percorso
La parte più spettacolare, tuttavia, è quella che si snoda tra il borgo di Castel de’ Britti, a San Lazzaro, e quello di Settefonti, a Ozzano. Borghi placidi, immersi nel verde, dalla storia molto più antica di quella dei loro centri principali. Castel de’ Britti si raggiunge facilmente anche dal centro di Bologna, con l’autobus 916 o 918; in macchina, invece, c’è possibilità di parcheggio. Punto di riferimento è comunque l’ottimo chiosco Bella Vez, perfetto luogo di ritrovo e partenza del nostro percorso. Da qui si costeggia il campo sportivo e si sale verso la rupe di gesso, la cui improvvisa asperità segna l’inizio di questo lato della Futa. Dall’alto, la chiesa di San Biagio osserva, col suo campanile tutto guglie, la vita scorrere lungo la Valle dell’Idice. Al suo fianco, veglia l’arco d’ingresso dell’antico castello dei Britti, da cui la frazione prende il nome.
La strada prosegue ancora con la sua blanda salita, i campi di grano ormai smarriti alle spalle. L’asfalto diventa una strada bianca, e il bosco conquista lo spazio con le sue flebili fronde. E dove non dominano gli alberi, ci sono le tenute coi loro vigneti, e uno sguardo che improvviso si perde su Ozzano e l’infinita distesa della Pianura Padana. Dopo poco, la salita, già dolce, s’arresta, la via termina su un corto piazzale, dinanzi si distendono verdi prati e oltre la barra un bianco sentiero s’allunga su creste aguzze come la cima del Corno alle Scale. È qui, dove la collina imita la montagna, che iniziano i calanchi bolognesi. Sono lì, oltre la barra, ancora invisibili alla vista, eppure già presumi la loro presenza da quel cielo aperto, senza ostacoli, che avvolge il bianco sentiero.
I calanchi bolognesi
Ed eccoli, i calanchi bolognesi, oltrepassata la barra si svelano nella loro inusitata potenza. Si ergono violenti sulla viva natura, strappano il verde attorno col loro grigio lucente, come squarci d’artiglio sul fianco del colle. I calanchi sono come anziani mani le cui dita rugose affondano nel fianco del colle, ornati da anelli di ispide ginestre. Davanti loro si stende la rigogliosa conca dell’Idice, serrata in lontananza da altri dolci colli. In un angolo, invece, s’intravede Bologna con le sue torri. Il sentiero corre sulla cresta dei calanchi bolognesi, talvolta si aprono ripidi scivoli da metter paura, altre, invece, s’ergono brevi collinette da cui godere di tutto il loro grigio splendore. Giunti a limitare del bosco non rimane altro che voltarsi e cogliere un ultimo sguardo d’insieme. Questi sono i calanchi di Rio Calvane, i più aspri, intensi e vividi di tutti i calanchi bolognesi.
La camminata prosegue addentrandosi nel bosco, e l’ombra delle chiome pervade il senso della vista. Qua e là i raggi del sole vincono la barriera degli alberi, e improvvise fontane di luce indorano i sottili fusti delle piante. A contorno, qualche casa, un vecchio oratorio, tracce di vita tra il selvaggio del bosco. Al bivio si prosegue lungo via del Pilastrino, e in breve le fronde alberate si diradano, e lo sguardo si apre di nuovo a paesaggi lunari e dolci colline. Da Ciagnano, la strada, ormai larga, diviene un continuo saliscendi, che fiancheggia da un lato miriadi di pendii coltivati. Dall’altro, invece, si aprono i calanchi dell’Abbadessa, un immenso tappeto rugoso che si distende verso la pianura Padana. Un calanco ampio, più grande ma anche meno drammatico di quello di Rio Calvane, ma capace di donare un carattere unico a questo paesaggio.
La San Galgano bolognese
Si tratta, tuttavia, del più famoso dei calanchi bolognesi. Forse perché è quello meglio osservabile, grazie alla terrazza panoramica presente sulla strada bianca, un luogo molto romantico. D’altronde deve il suo nome alla beata Lucia di Settefonti, che fu badessa dello scomparso monastero camaldolese di Settefonti. Su un pilastrino lungo la via è ricordato il suo amore leggendario per il cavaliere bolognese Diatagora Fava, a cui lei rinunciò per fede. A Settefonti, tuttavia, è posto il termine della nostra camminata. Qui, nascosta tra la boscaglia, si trova la chiesa di Santa Maria a Ciagnano, di cui si è conservata solo la facciata e il campanile. Trovarsi di fronte a questa facciata vuota circondata da alberi, come fosse un fondale scenico teatrale, rende la zona una piccola San Galgano. Uno stupore perfetto per concludere la camminata tra i calanchi bolognesi.
2 Comments
Ciao Naresh,
bello il video del giro nei calanchi. Un consiglio e percorso alternativo, prima di entrare nel bosco, imbocca sulla destra il sentiero Cai 811 (o anche cammino di San Antonio) ben indicato. Il sentiero si inoltra della nostra azienda vitivinicola biologica Tomisa (www.tomisa.it), ci sono anche qui degli scorci incredibili, un’area picnic con una vista strepitosa sul cipresso secolare che sovrasta i nostri vigneti e che è il simbolo dell’azienda. Scendendo tra i vigneti per il sentiero si arriva alla provinciale, traversandola si imbocca il sentiero abbastanza ben segnato del camino di Sant’Antonio che costeggia l’Indice, tutto nel bosco, piacevole con il gorgogliare del fiume quasi sotto i piedi. Questo sentiero, ti riconduce da Bella Vez, in modo che con un giro di circa 5,5 Km hai sempre cose nuove da vedere e lo puoi percorrere nei 2 sensi, sembreranno diversi!
Se fai un bel video come quello fino a Ciagnano, ti offro una bottiglie del nostro Pignoletto Frizzante Ciparisso (personaggio mitologico greco, trasformato dagli Dei in un cipresso..)
ciao – Giuseppe
Ciao Giuseppe, grazie del commento.
Hai ragione, anche la strada che descrivi è splendida così come la vista sui vigneti e il cipresso, soprattutto al tramonto: sembra quasi di stare nel Monferrato!
Il secondo video è un’ottima idea, soprattutto se c’è in palio il tuo eccezionale vino! 🙂