Grazie al capolavoro di Stendhal, sono in molti a sapere dell’esistenza di una certosa a Parma. Pochi sanno, invece, che per i parmensi sono ben due le certose di Parma. Situate a grande distanza dal centro cittadino, sono due complessi abbaziali di origine medievale, che ancora oggi si stagliano sui campi coltivati a grano, affiorando flebili nel riverbero o nella nebbia. Oggi usate entrambi per altri scopi, mantengono comunque intatto il loro fascino, grazie soprattutto allo stupore che provoca vedersele apparire all’improvviso, percorrendo le trafficate strade padane. Chiamarla entrambe certose, tuttavia, è improprio, perché soltanto una fu un monastero certosino, mentre l’altra era un abbazia cistercense. Questa confusione è il motivo per cui è molto difficile stabilire quale dei due complessi è quello che ispirò Stendhal. Un quesito che ancora oggi appassiona storici e critici letterari.
La certosa di San Gerolamo
La nostra scoperta delle certose di Parma comincia dal complesso certosino, ovvero dalla Certosa di San Gerolamo. Oggi utilizzato come centro di formazione della polizia penitenziaria, si trova a circa 4 chilometri da piazza duomo, ed è raggiungibile anche a piedi. Nel percorso si può attraversare anche il bel parco dell’ex-zuccherificio. Fondata nel 1285 dal vescovo di Spoleto Rolando Taverna, ospitò i monaci certosini per ben 484 anni, divenendo anche un innovato centro culturale e tecnologico della città. Fu qui, infatti, che si insediò una delle primissime stamperie del nord Italia. Distrutta in parte dagli spagnoli nel 1551, durante la convulsa guerra tra il duca Ottavio e il papato, fu dunque ricostruita dal 1671, nelle belle forme barocche che oggi osserviamo. Purtroppo altre distruzioni avvennero tra Otto e Novecento, a causa della sua trasformazione prima in manifattura tabacchi, e poi in riformatorio.
Già arrivarci da una sensazione profonda di ritiro bucolico. Campi di grano, un viale alberato, lepri che scorrazzano libere tra le spighe. La mole della certosa, invece, si distende su un’ampia superficie, agli angoli le garitte, reminescenza del suo passato di riformatorio, e del presente di scuola penitenziaria. Al centro, sugli edifici dell’abbazia dall’intonaco giallo Parma con deliziose finestre timpanate, si staglia il tamburo della chiesa, circolare e maestoso. Entrando nella zona monumentale, accessibile al pubblico, si è quindi accolti dalla facciata neoclassica della chiesa, elegante con le quattro coppie di paraste. L’interno, tuttavia, è il risultato della fusione tra il gusto decorativo barocco e la struttura muraria gotica. Ne nasce così una chiesa elegante, possente, riccamente dipinta, con quel gusto barocco piuttosto sobrio, tipico del Seicento emiliano. A fianco della chiesa, invece, si distenda l’ampio chiostro seicentesco, che si è conservato in maniera splendida.
L’abbazia di Valserena
Completamente diversa, invece, si presenta la seconda della due certose di Parma, l’Abbazia di Valserena. Distante ben sei chilometri dal centro città, sulla trafficata strada che conduce a Colorno, si raggiunge facilmente con l’autobus numero 7, scendendo a Paradigna. Difficile, tuttavia, sbagliare: l’abbazia è ben visibile sulla destra, svettante sui filari alberati. Fondata nel 1298, con monaci provenienti dalla famosa abbazia piacentina di Chiaravalle, fu tuttavia soppressa nel 1810, subendo così numerosi devastazioni. Trasformata prima in caserma, poi in fabbrica di conserve e infine in magazzino agricolo, trovò pace solo nella seconda metà del Novecento, col suo totale recupero. La chiesa e gli ambienti monastici trovarono quindi nuova vita, grazie soprattutto all’università di Parma. L’intero complesso, infatti, è oggi sede del Centro studi e archivio della comunicazione, oltre che di numerosi eventi e mostre.
Come per la certosa di san Girolamo, anche qui a Paradigna l’atmosfera rimanda alla vita bucolica. Sterminate campagne, campi mieti, balle di grano, vialetti di ghiaia, in estate pare di immergersi in un altro mondo. Il complesso, però, emana un maggior senso di grandiosità e di religioso rispetto. Merito soprattutto della chiesa dalle dimensioni imponenti, che mantiene ancora intatto il aspetto gotico. Gli alti e possenti setti murari, la fila di monofore ai fianchi, il tamburo ottagonale che s’erge all’incrocio tra navata e transetto, rimandano al trecento, ad un gusto un po’ lombardo, un po’ borgognone. La facciata, benché seicentesca, si armonizza bene con l’insieme, quasi non sembra di un’altra epoca. L’interno, invece, è l’esempio perfetto del gotico cistercense: semplice, armonico, dalle alte volte a sesto acuto poggianti su possenti pilastri cruciformi, un senso mistico permeato ovunque. Unica concessione, gli affreschi rinascimentali, realizzati da Cesare Baglioni ed Aurelio Gatti.
Le certose di Parma
Si conclude così il viaggio alla scoperta delle certose di Parma. Edifici grandiosi, particolari, e per di più testimonianze esclusive della storia religiosa di questa città. Lasciando Parma, tuttavia, rimane viva la domanda letteraria: a quali delle due abbazia si è ispirato Stendhal per il suo famoso romanzo? Difficile rispondere, poiché l’edificio letterario è opera di fantasia, e Marie-Henri Beyle non ha fornito indizi nel suo libro. Eppure sono in molti a credere che sia stata proprio l’abbazia di Valserena, la finta certosa, a ispirare il suo capolavoro.