Inauguriamo la nuova guida di Piacenza con un percorso dedicato ad il Rinascimento a Piacenza. Dopo quelli dedicati a Forlì e Faenza, ci concentriamo sulla più occidentale delle città emiliane, custode di molte opere rinascimentali poco note al pubblico. Per quanto, infatti, non avesse particolari contatti coi principali centri artistici italiani, il Rinascimento a Piacenza ebbe un notevole sviluppo, in particolare nella prima metà del Cinquecento. Complice anche la vicinanza con Milano e all’ambiente sforzesco, dove operarono Leonardo e il Bramante. Proprio quest’ultimo è il maestro del principale artista piacentino, l’architetto Alessio Tramello che disegnò le più belle chiese cittadine. Chiese dove l’influenza dell’architettura lombarda si manifestò con risultati splendidi e molto originali. Senza contare la presenza in città di artisti noti come il Pordenone, oppure di opere di Raffaello, che influenzarono l’arte piacentina degli anni a venire. Iniziamo quindi il nostro percorso.
Il Rinascimento a Piacenza
Partendo dalla stazione, la prima tappa è Palazzo Landi. Appartenuto al celebre umanista Agostino Landi, noto per essere una delle principali mente dietro la congiura contro il duca Pier Luigi Farnese, è uno dei più bei palazzi della città. La sua facciata infatti si caratterizza per le notevoli decorazioni in terracotta, dalle cornici colme di racemi vegetali alle finestre. Su tutte, però, spicca il portone marmoreo, opera di Giovanni Pietro da Rho del 1482-83. Vicina al gusto lombardo, è intrisa di elementi classicisti fusi con uno stile ancora goticizzante. Volendo fare una piccola deviazione dal percorso, si può visitare anche la basilica di San Savino, famosa per i suoi mosaici romanici. Nella cripta vi si conserva inoltre un altare del XV secolo e le sculture della Vergine col Bambino e Santi poste in nicchie separate.
Seconda tappa è la Chiesa di San Francesco, in prossimità di Piazza Cavalli. In questo tempio del gotico francesizzante, è il portale d’accesso ciò che ci interessa a noi. Realizzato da Guininforte Solieri tra il 1454 e il 1482, è infatti un ottimo esempio di quello stile a metà tra gotico e rinascimentale, tipico delle zone più periferiche. Tipico, quindi, di quelle zone dove il gusto dei committenti era ancora legato alla tradizione gotica, come la corte di Milano o di Napoli. Portale strombato e dotato di pinnacoli, nella lunetta si riconosce Le Stigmate di San Francesco, nella classica iconografia del miracolo. Nell’opera si può quindi apprezzare lo stile ibrido del Solieri. Un’altra piccola deviazione ci porta presso la Basilica di Sant’Antonino. Nella chiesa, infatti, vi sono due opere quattrocentesche: una Santa Lucia lignea e un gruppo con la Crocifissione in terracotta, secondo la moda emiliana.
Le opere maggiori
Con la terza tappa si entra nel cuore del percorso dedicato ad il Rinascimento a Piacenza. Arriviamo infatti a Palazzo Farnese, vicino alle rive del Po, simbolo del potere ducale prima che il duca Ottavio trasferisse la capitale a Parma. Iniziato alla metà del Cinquecento, è un’opera però incompleta; doveva infatti essere la reggia dei Farnese, tuttavia, non risiedendo più a Piacenza, abbandonarono i lavori agli inizi del ‘600. Un destino simile all’omologo palazzo della Pilotta a Parma. Di Palazzo Farnese è da osservare soprattutto il bel prospetto della facciata, con le numerose finestre timpanate ed il vigoroso cornicione marcapiano di marmo, secondo il gusto romano. È interessante vedere le molte nicchie sulla facciata, che in realtà servivano come appoggi per i blocchi di marmo decorativi. Anche il cortile è un’ambiente di grande interesse, col suo alternarsi di archi: ci da infatti un’idea di quanto grandioso fosse il progetto originale.
Quarta tappa è laChiesa di San Sisto. Non fatevi ingannare dal suo aspetto settecentesco: si tratta infatti di una delle più belle chiese rinascimentali d’Emilia. Basta entrarvi, infatti, per rendersene conto: il soffitto, le decorazioni, la pianta, tutto rimanda alla cultura settentrionale di inizio Cinquecento. D’altronde si presume che al progetto lavorò Alessio Tramello. Lungo il corpo centrale corre il fregio con l’Antico Testamento di Bernardino Zucchetti (1517), mentre nelle cappelle vi sono numerosi dipinti del XVI secolo. Nel coro, vi è inoltre il bellissimo e illusorio coro intarsiato con vedute cittadine, di Bartolomeo Spinelli e Giampietro Pambianchi (1512). Dietro l’altare, inoltre, vi è la celeberrima Madonna Sistina di Raffaello. Peccato trattasi di una copia settecentesca di Giuseppe Nogari, seppure di altissima qualità, a sostituzione dell’originale ceduto al re di Polonia Augusto III nel 1754.
Il Pordenone
A concludere il percorso de il Rinascimento a Piacenza, è la basilica di Santa Maria di Campagna. Situata fuori dal centro, in zona oggi urbana ma un tempo di campagna, è anche questa opera di Alessio Tramello. Progettata a pianta centrale, ma poi allungata nel Settecento assumendo la strana forma di croce rovesciata, è nota soprattutto per i suoi affreschi rinascimentali. All’interno, infatti, lavorarono il Pordenone ed il suo aiuto Bernardino Gatti, detto il Sojano, tra il 1528 e il 1543. A loro, infatti, si devono le Storie dei Re Magi e le Storie di Santa Caterina nelle due cappelle di sinistra, ma soprattutto al grandiosa decorazione della cupola. Artista di ottima qualità, formatosi in Veneto, salvo poi assorbire sia il Mantegna sia le novità romane di Michelangelo, propose una pittura solida, monumentale, dalla pittura densa e intensa. Proprio come si può vedere nella chiesa.
Il percorso è finito, ma se qualcuno avesse ancora voglia e tempo, rimangono i musei da visitare. Per un amante dell’arte, infatti, i musei piacentini possono rappresentare una tappa sorprendente e molto interessante. Dalla Madonna col bambino del Botticelli di Palazzo Farnese, all’Ecce Homo di Antonello da Messina del Collegio Alberoni, vi si conservano infatti alcune delle più grandi opere di maggiori maestri del Quattrocento. Una degna conclusione per scoprire fino in fondo il Rinascimento a Piacenza.
2 Comments
Almeno un piccolo errore, sarà sfuggito: Piacenza la più orientale delle città emiliane? La più occidentale!
Ohibò, è vero. Grazie per la segnalazione, non me ne sarei mai accorto: la mia mente ha ribaltato i cardinali :-*