Sul primo Appenino reggiano, immerso in un brullo paesaggio di profondi calanchi e picchi improvvisi, si trova la terra di Matilde di Canossa. La celebre duchessa, tra le donne più influenti e potenti della storia, aveva qui il castello di famiglia, il luogo da dove governava il più vasto possedimento italico di tutto il Medioevo. Fu qui, proprio sotto gli occhi della determinata Matilde, che avvenne il celebre episodio dell’umiliazione di Enrico IV. Nel pieno della lotta delle investiture, il papa scomunicò l’imperatore nel 1076. Per chiederne la revoca, l’imperatore si recò a Canossa nel freddo inverno del 1077, vestito da penitente e coi piedi scalzi, aspettando per giorni nella neve che Matilde aprisse le porte della sua fortezza. Un episodio così famoso che ancora oggi, quando si vuole chiedere perdono a qualcuno, si dice andare a Canossa.
Il reggiano, dunque, è la terra di Matilde per eccellenza. Molti dei numerosi castelli della zona, infatti, furono protagonisti nella vita della duchessa. Bianello, Carpineti, Sarzano, Minozzo e altri ancora, tutti castelli che facevano parte del complesso sistema difensivo che già il padre di Matilde, Bonifacio, aveva creato. Senza considerare le molte pieve e monasteri che puntellano il panorama non solo del reggiano, ma anche di buona parte del nord e della Toscana. La duchessa, infatti, fu una costruttrice indefessa, vera e propria patrona della religiosità in Italia. Per assurdo, tuttavia, Canossa è il luogo dove le tracce di Matilde sono più flebili. Qui infatti le intemperie della storia si sono abbattute con più veemenza che altrove, lasciando solo ruderi tali da non permettere di capire come fosse il castello di Matilde. Ruderi, però, di un fascino incredibile, inseriti in un paesaggio immaginifico.
La terra di Matilde
La terra di Matilde, infatti, è sperduta e solitaria. Per giungervi si percorre una strada tortuosa e altalenante. Poche automobili sulla via, qualche intrepido ciclista a sudare sui tornanti, e attorno solo campi, e alberi. Quando la salita inizia a farsi irta, è il segnale che ormai siamo vicini alla meta. Il primo a farsi scorgere è il castello di Rossena, la cui mole possente s’erge su un colle erto e improvviso, quasi fosse un dente di squalo adagiato sulla valle. Risalente all’XI secolo, la sua funzione era quella di baluardo al castello di Canossa, così da rendere ancora più difficoltoso un eventuale assedio. Nel colle dirimpetto, dalle linee morbide come un budino, s’erge solitaria la torre di Rossenella, anch’essa testimone silenziosa delle difese matildiche. Si può solo immaginare quanto potessero parere temibili agli occhi di un soldato medievale.
Il cuore della terra di Matilde, tuttavia, è a breve distanza lungo la stretta via che procede in cresta. Il castello di Canossa si scorge da lontano, seppur informe è un po’ celato, in cima ad uno spunzone di roccia solitario. Ai suoi piedi qualche casa, il parcheggio e la biglietteria, e poi una ripida scalinata che conduce fino al castello. Un percorso quasi a spirale che costeggia la roccia, e da cui si apre lo sguardo sulla val d’Enza e la pianura emiliana. Solo ora ti accorgi quanto aspro sia il paesaggio. Rupi scoscese, balzi violenti, calanchi ruvidi e rugosi su cui il sole invernale riverbera con tal violenza da accecare lo sguardo. D’altronde qui è la luce a colorire, ad accendere lo smeraldo dei prati e sbiancare il grigio gessoso dei calanchi quasi fosse un ghiacciaio. Solo le cupe vesti invernali degli alberi spezzano questo trionfo luminoso.
La rocca di Canossa
Per tutta la salita si vedono rovine del castello che fu, muri di pietre che protendono nel vuoto, archi d’accesso che ormai aprono solo al panorama. Continuando la salita si giunge al muro di cinta, ma le scale proseguono finché i ruderi della rocca non appaiono improvvisi e drammatici. Come un vecchio leone sdentato, la rocca ormai scoperchiata ricorda appena la potenza di un tempo. Le mura s’ergono strappate dai loro coronamenti, porte e finestre danno ormai sul nulla, e la grande parete occidentale si staglia contro il cielo più profondo. Ormai la rocca funge appena da quinta scenica del grandioso panorama che s’apre sull’intera val d’Enza, uno sguardo che spazia in ogni direzione. A nord i tempestosi calanchi e le tremule propaggini della pianura padana, a sud invece brulle vallate che accompagnano la vista fino alle montagne.
Accedendo all’unico spazio ancora protetto dal tetto, si scopre il piccolo museo dedicato a Matilde e alla casata dei Canossa. Qui si racconta la gran duchessa senza enfasi e retorica, cercando solo di ricostruire una delle personalità più grandiose del Medioevo, nei suoi pregi e nei difetti. Una narrazione delicata e sincera, capace di rendere Matilde una “di famiglia”. Un vero omaggio che la terra di Matilde ha dedicato alla sua signora.