Tra i luoghi più spettacolari tra Emilia e Toscana, vi sono senza dubbio le cascate del Dardagna. 250 metri di balzi, pozze e scrosci che rompono il silenzio del Corno alle Scale, travolgono l’animo e ristorano il corpo nella calura estiva. Le cascate del Dardagna, infatti, si celano tra le folte faggete dell’Appenino tra Pistoia e Bologna, nascono a oltre 1400 metri e si esauriscono a 1200, in un atmosfera placida, naturale, ma al contempo tumultuosa. Un luogo spettacolare, intriso di potenza e meraviglia inaspettata, come le montagne invisibili che ne incoronano le alte, irraggiungibili, fronde dei faggi. D’altronde, chi conosce il Corno, sa quanta bellezza nasconde tra le sue antiche rocce. Dallo Scaffaiolo alle cascate, a quello sguardo aperto della vetta in cui pare di cogliere il mondo intero in un battito di ciglia. È sul Corno che impari ad amare l’Appenino.
Il Santuario della Dardagna
Raggiungere le cascate del Dardagna è facile. Una camminata semplice, in lieve salita, adatta a chiunque, anche a coloro appena avvicinatisi al trekking. Il sentiero inizia al Santuario della Madonna dell’Acero, a 1140 metri d’altezza. Un santuario semplice, popolare, di fango e mattoni sgrezzati. Difficile dallo sguardo capire quando fu fondato, qui d’altronde, tra boschi fitti e strade incerte, non giungevano architetti. Vi vivevano però molti pastori, e due bambini, colti da un’inaspettata nevicata estiva, furono salvati dalla Vergine apparsa su un acero. Era la fine del Quattrocento, si costruì poi il santuario, si allargò nei secoli, fino alle forme attuali. Ancora oggi il 5 agosto miriadi di pellegrini celebrano la Madonna e il miracolo dell’acero in questo piccolo santuario. Un luogo ameno, silenzioso, placido e riflessivo come le verde fronde degli alberi che lo cingono. Un luogo ideale per iniziare il cammino.
Lungo la blanda salita conducente alle cascate del Dardagna, è il mormorio soffuso del bosco a far compagnia. Il fruscio delle fronde, lo stridere della terra sulle scarpe, l’eco di un ramo o sasso caduto tra palizzate di fusti marroni e grigiastri. Talvolta, invece, un tumultuoso sfrondare indica la caotica fuga di un piccolo animale tra i cespugli boscosi, un topo, forse, oppure una lucertola. Nel silenzio irrompe il flebile gracchiare di un corvo lontano, ti fermi, tendi l’orecchio e concentrandoti scomponi il silenzio in pigolii, gorgheggi e serenate che invisibili uccelli cantano nascosti tra le cime arboree. E gli occhi, abituati al costante sfaccettarsi di luce e ombre, del sole che non sempre vince la resistenza degli alberi, talvolta paiono scorgere qualcosa, lì, nel fondo del bosco. “Cos’é? – ti chiedi “forse un daino, oppure un cervo”. Ma la fugace visione sfuma prima di metterla a fuoco.
Le cascate del Dardagna
Dopo un’ora di cammino, s’ode un sommesso gorgoglio. Eppure intorno vi è ancora solo l’immobile profondità del bosco. Avanzi ancora per minuti, il precipitar dell’acqua si fa sempre più nitido, ma delle cascate del Dardagna non vi è indizio. E poi, improvvise, eccole; gli alberi si allargano, la strada si fa irta, e l’ultima pozza, una piscina naturale, si apre innanzi a te. Il rombare incessante dell’acqua riempie l’aria, il torrente precipita in una miriade di schizzi, alzi lo sguardo per cogliere tutti i salti, ma son così ampi che li senti appena. Sul fianco della cascata s’inerpica il sentiero, sempre più duro e ripido. Percorrerlo, però, è l’unica maniera per godersi tutti i suoi balzi, tutte le sue forme diverse. Nella seconda terrazza il torrente scroscia violento, come un grondaia, nella terza si apre in rivoli spettacolari. Affacciarsi da qui a vedere il fondo, è un vortice di vertigini.
E poi sali ancora, per raggiungere la cima, per percorrere tutti i 250 metri di dislivello, e ricongiungersi ai sentieri che portano al Corno. Rimani stupito che un fiumicello, un affluente del Leo, che a sua volta s’immette nel Panaro e poi nel Po, possa generare tutta questa meraviglia. Le cascate del Dardagna fendono la foresta come un quadro di Fontana. Sono una breccia nel bosco, una fenditura nella muraglia arborea eretta a sua protezione. Un fluire d’acque limpide su rocce scure ed erose, chiazzate di muschio e foglie. Una piscina creata dalla natura per dare ristoro a uomini e animali nella calura estiva. Un luogo dove ritrovare la propria armonia, dare sollievo al proprio ancestrale bisogno di pace interiore, di contatto col mondo. Un luogo dove la fatica per arrivarci è ripagato da una bellezza e un benessere inarrivabile.
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